Carta velina, orgoglio, vitalità. Cartoline da Navelli

La restituzione dei partecipanti alla prima tappa, Navelli (AQ), della Residenza Artistica Itinerante promossa dall’Incubatore di Creatività dell’Università degli Studi dell’Aquila in collaborazione con il Teatro Vagante di Sara Gagliarducci e Valentina Nibid, ospite il musicista Alessandro Tarquini.

residenza artistica itinerante_navelli3Navelli è uno di quei borghi che pur avendo dimensione contenuta si spinge ben oltre una sola piazza centrale: ne ha almeno tre, ognuna con una faccia e una storia diverse. Attilio, quel giorno, lo incontro nella piazza a valle, non la più bella, ma di certo la più frequentata. Per settant’anni della sua vita è stato un illusionista, viaggiando a lungo seguendo la linea tesa del suo mestiere, ed è arrivato fin lì per guardare il Teatro Vagante. La chiamata del mattino in paese, “La giostra: spettacolo in piazza alle diciotto e trenta”, cercava relazioni, e ha spinto in massa soprattutto bambini: c’è chi sfreccia con la bicicletta e chi, più piccolo, ha trascinato i genitori che fanno ora solo da coda; contraddice la norma soltanto la figura anomala di questo vecchio bianco che si staglia appena dietro le panchine, nelle retrovie, con il suo bastone ricurvo.

Valentina si trasforma sotto gli occhi del pubblico, entra ed esce dalla piccola tenda nera che ha montato poco prima creando un carosello di figure diverse: fa volare i polli, tira fuori uno dopo l’altro fazzoletti colorati in fila indiana dalla bocca, addestra una pulce acrobata che fa prodezze.

Con onesta perizia, precisa e divertita, la “viaggiattrice” di Teatro Vagante è una professionista seria, ma ride; Attilio, intanto, la guarda seriamente, e credo che un sorriso lo attraversi. È rimasto in piedi per buona parte dello spettacolo, ma me ne accorgo solo quando Sara mi fa cenno di prendere presto una sedia per lui. L’anomalia esposta dei due nasi rossi, delle loro calze a righe bianche e nere, dei loro cilindri, si è presto riconosciuta e legata con quella nascosta del naso rugoso che le osserva. L’appartenenza a un mondo simile e insieme la sorpresa di trovarsi in una piazza dove invece è la differenza a far da padrona, sigillano un patto nella mente di Attilio: è lui che le aspetta, alla fine, per parlare, discutere con in mano ferri del mestiere, mentre la piazza si disperde intorno. Lo spettacolo a cappello non lo ha convinto, crede necessaria una strategia diversa, piccoli accorgimenti che lavorino ai fianchi dello spettatore durante tutta la durata e non solo sul finale: non dovrebbe essergli porto il cappello in attesa delle monete, è la struttura interna dello spettacolo a doverlo spingere alla riflessione riguardo serietà del lavoro che si compie: “devi capire che è necessario, che ha un valore quello che fai”. Valentina è convinta, già a un primo bilancio i consigli diventano azioni concrete del prossimo spettacolo, qualche sguardo complice, la promessa di un nuovo incontro, e i due si separano.

Lo spettacolo La giostra finiva con la morte della pulce acrobata, un palloncino la portava in cielo dentro al suo piccolo circo fatto di carta velina. Si era creata una diaspora generale per inseguirlo e la relazione con gli abitanti del luogo aveva avuto modo d’essere anche ben oltre il suolo della piazza. Attilio invece, che la relazione l’aveva creata già nelle intenzioni comuni, era restato fermo, aveva chiuso gli occhi, ed era salito in alto.

Eleonora Luciani

residenza artistica itinerante_Navelli5Sul fianco di una montagna si trova un paese con splendide casette, ricostruite dopo il terremoto e accuratamente decorate con fiori, in stradine e vicoli che mostrano il contrasto tra posti dimenticati ed altri che rinascono.

È difficile non innamorarsi subito dei panorami mozzafiato che ti accompagnano nel percorso verso questo pittoresco borgo medievale.

Situato nella piazza ai piedi della collina in cui è immerso il paese, abbiamo trovato il luogo più vivo dove la gente del posto si incontra e si scambia notizie. Dal primo incontro con le persone, quando siamo stati accolti con interesse ma esitazione, fino all’ultimo giorno che è stato pieno di conversazioni, connessione e genuinità, abbiamo avuto bisogno di un po’ di tempo, un po’ di fortuna e perseveranza.

Dopo la nostra invasione in piazza, si è sparsa  rapidamente la voce che c’erano degli estranei in città che avevano portato molte sorprese.

Ma non solo noi avevamo cose da offrire. Durante il nostro viaggio d’esplorazione della città abbiamo incontrato persone felici di condividere con noi le loro storie, i loro ricordi e i frutti del loro lavoro. Ci hanno fatto vedere la loro casa con i loro occhi, hanno condiviso con noi il loro amore per questo posto ed erano felici di aiutare dove potevano.

Attraverso queste interazioni c’era sempre un forte senso di orgoglio per la loro terra che veniva accolto con incredibile umiltà.

Le cose che resteranno sono i volti che si sono illuminati pensando ai ricordi di luoghi e persone perduti da tempo, le storie delle aziende di famiglia e del loro valore, la gioia negli assaggi delle specialità locali: lo stare insieme nei momenti di convivialità.

Located on the side of a mountain, there is a village with gorgeous little houses, reconstructed after the earthquake and carefully decorated with flowers, in tiny streets and alleys that show the contrast between places that are long-forgotten and others that are reborn. 

It’s hard to not immediately fall in love with the breathtaking views that accompany you on the way to this picturesque medieval borgoSituated at the piazza on the foot of the hill in which the village is immersed, we found the most lively place where locals meet and share news with each other. 

From the first encounter with the people where we were met with interest but hesitance, to the final day that has been filled with conversation, connection and genuity, we needed a bit of time, a portion of luck and persistence. 

After our invasion in the piazza, word traveled quickly that there were strangers in town who had brought a lot of surprises. 

But not only we had things to offer. During our journey to explore the village we met people who were happy to share their stories, memories and the fruits of their labour with us. They made us see their home from their eyes, shared their love for this place with us and were happy to help wherever they could.

Through these interactions, there was always a strong sense of pride for their land that was met with incredible humility. 

The things that will stay are the faces that lit up while thinking about memories of long lost places and people, while telling the story of the family business, while sharing local specialties and while being together in moments of conviviality. 

Jasmin Mathea

residenza artistica itinerante_Navelli4Qual è il modo migliore per lasciare il segno in un posto? Un’incursione? Un blitz vitale?

Immagina, sei a casa nella tua tranquillità, forte e consolidata da anni di abituale allenamento alla poltrona. All’improvviso una persona ti entra in casa, anzi, due persone ti entrano in casa lanciandoti addosso stimoli a parlare, a cantare, ad alzarsi e partecipare quando in realtà non sei pronto per queste attività sportive, tu sei un campione di sedute e chiacchiere tra gli amici. Eh sì… sembra invadente e fastidioso.

Ora immagina invece questa situazione: sei tu ad andare tra persone sconosciute che fanno già parte di un ambiente in cui tu sei completamente estraneo. È stata una tua scelta, certamente, ma almeno un po’ di disagio te lo senti addosso. Ad un certo punto della notte ti ritrovi seduto fuori ad un tavolo con queste persone e due di queste, tra varie risate, chiedono a te e ai tuoi compagni di avventura di aiutarle a fare dei “circhetti”, intesi esattamente come “circhi in miniatura”. Servono per uno spettacolo, ma tra risate e scherzi vari, scopri che la tua mansione è semplicemente quella di incollare un paio di strisce colorate decorative a questi circhetti e tagliuzzare i bordi dei loro tetti per farli più carini.

Appena finito il lavoretto: “capolavoro!”. A te in realtà non sembra di aver fatto un granché. Ma rimane un capolavoro per loro, ti lanciano addosso la loro felicità, le loro risate, la loro vitalità e pur portando con te quel disagio di prima, poi in realtà inizi a scioglierti, il disagio inizia a sparire, tu inizi a partecipare e vivere con loro.

Immagina che questa cosa avvenuta a te l’abbiano vissuta anche i campioni di sedute e chiacchiere tra gli amici: il blitz vitale è andato oltre la corazza del fastidio, ha aperto le porte della partecipazione e una gamba, pur restando seduta, ha cominciato a muoversi al tempo di una canzone.

Adesso, rimani su quel circhetto che hai fatto senza troppe pretese in un momento notturno di pura goliardia e immagina che questo, in piazza il giorno dopo verso il calar del sole, si sollevi in volo catturando il cuore di quei campioni di sedute. Immagina i bambini che rincorrono il circhetto fino al centro della piazza. Diventa subito troppo lontano, solo gli sguardi lo possono seguire e lo fanno, così come lo fa anche il tuo sguardo tra un groppone alla gola e l’incanto di una cosa tanto semplice quanto magica.

Qual è secondo te il modo migliore di lasciare il segno nelle persone? Un’incursione? Un blitz vitale?
Forse solo un semplice pezzo di carta decorato che viene portato via da un palloncino.

Fabrizio Villacroce

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